𝗧𝗣𝟮𝟰 – 𝗚𝗹𝗶 𝘀𝘁𝘂𝗱𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗶𝘀𝘁𝗶𝘁𝘂𝘁𝗼 𝘁𝘂𝗿𝗶𝘀𝘁𝗶𝗰𝗼 𝗱𝗶 𝗖𝗮𝘀𝘁𝗲𝗹𝗹𝗮𝗺𝗺𝗮𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗚𝗼𝗹𝗳𝗼 𝗿𝗶𝗰𝗲𝘃𝘂𝘁𝗶 𝗱𝗮𝗹 𝗣𝗿𝗲𝘀𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗠𝗮𝘁𝘁𝗮𝗿𝗲𝗹𝗹𝗮
Si sono resi protagonisti di un evento straordinario gli studenti dell’Istituto tecnico turistico “P. S. Mattarella”di Castellammare del Golfo.
I ragazzi siciliani sono stati scelti insieme a quelli di altre due scuole, una di Roma e l’altra di Lecco, per partecipare ad una manifestazione di alto valore simbolico.
Hanno avuto, i 20 studenti di Castellammare, accompagnati dalla dirigente scolastica Caterina Agueci e dalla prof.ssa Sara Orso, il “privilegio” di essere ricevuti nel magnifico salone dei Corazzieri del Quirinale dal “padrone di casa” Sergio Mattarella, presente anche la Presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola.
Una eccezionale e irripetibile mattinata, che difficilmente questi allievi potranno dimenticare nel corso della loro vita. Tre di loro, Sorrentino Nadia, Giorgia Placenta e Martina Labita, con garbo e spigliatezza hanno potuto porre dei quesiti a Mattarella, ricevendone ampie e documentate risposte.
Il quale, ad inizio della manifestazione, con la sottile ironia che lo contraddistingue, rivolgendosi alla collega maltese, ha esordito dicendo: “vorrei rassicurare la presidente Metsola che l’istituto Mattarella non è intitolato a me, ma a mio fratello, che ha ben altri meriti“.
Da parte nostra, sempre per fugare qualsiasi altro equivoco, vogliamo precisare che la presenza dei venti studenti siciliani alla manifestazione non si deve affatto al nome dell’Istituto.
Gli studenti del “P.S. Mattarella” partecipano da diversi anni a progetti di educazione alla cittadinanza europea, grazie, oltre che allo staff dirigenziale dell’Istituto, anche al supporto del Europe Direct di Trapani.
Significa che per un intero anno scolastico gli studenti seguono un percorso di approfondimento sull’Unione europea ed in particolare sul Parlamento europeo e le attività degli eurodeputati. Gli studenti hanno inoltre la possibilità di collaborare con i ragazzi e i professori delle scuole degli altri paesi dell’ Unione Europea.
Un percorso di cittadinanza consapevole che quest’anno ha assunto un particolare rilievo vista l’opportunità di contribuire a costruire il futuro attraverso la partecipazione attiva ai lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa.
Lo scorso anno hanno partecipato al programma EPAS diventando “Scuola ambasciatrice del Parlamento europeo”. Ricevendo anche una simbolica spilla da fissare al petto di ognuno.
Le scuole selezionate per il Quirinale sono proprio le scuole ambasciatrici e sono state scelte le tre scuole che abbiamo sopra citato, tra circa 100 che hanno partecipato al programma.
Durante l’incontro i due Presidenti hanno risposto ad alcune domande sui temi ritenuti prioritari per il futuro dell’Italia e dell’Europa, con un particolare riguardo ai giovani. Ovviamente a porre le domande sono stati gli studenti di queste scuole “ambasciatrici del Parlamento europeo”.
Riportiamo solo quelle dell’Istituto di Castellammare del Golfo, il cui resoconto completo potete leggere nel documento allegato.
Teniamo a sottolineare che Tp24 e’ l’unica testata siciliana a informare i lettori di questo evento. E non per campanilismo, non perché tra le protagoniste c’e’ stata una scuola della nostra provincia.
Semplicemente perché riteniamo che gran parte dei lettori, stanchi di comunicati preconfezionati e densi di incomprensibile politichese, amino di tanto in tanto rincuorarsi con notizie e fatti di alto valore simbolico.
Franco Ciro Lo Re
I quesiti posti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dalle studentesse dell’Istituto Tecnico Turistico “P.S. Mattarella” di Castellammare del Golfo Sorrentino Nadia, Giorgia Placenta e Martina Labita
Domanda: Il 25.3.1957 l’Italia firmò con altri cinque Paesi i c.d. Trattati di Roma. L’obiettivo era quello di integrare le economie nazionali favorendo le libertà di circolazione di persone, merci, servizi e capitali, mettere in comune la ricerca e le materie prime per evitare l’insorgere di nuove guerre: da qui nasce il sogno dell’Europa unita. La crisi innescata dalla pandemia e subito dopo la guerra in Ucraina hanno messo a dura prova l’Unione europea e l’Italia dando forma nel concreto ai valori europei di libertà, democrazia, pace e solidarietà. Cosa possono fare i cittadini e soprattutto noi giovani per dare forma e rendere vivi i valori europei?
Presidente: vorrei esprimere un benvenuto a tutti voi e soprattutto alla Presidente Metsola. Sono lietissimo di essere insieme a lei a colloquiare con voi, ragazzi, in questa sala che è la più grande del Quirinale. Vorrei rassicurare la Presidente Metsola: l’Istituto Mattarella non è intitolato a me ma a mio fratello che ha ben altri meriti.
La domanda è interessante. Vorrei però iniziare con una conclusione: l’Europa siete voi. Siete una generazione nata con un’Unione europea affermata, consolidata, in piena attività. Siete persone che condividono valori e convinzioni con i vostri coetanei di ogni altra parte dell’Unione; siete disposti a viaggiare, a spostarvi, anche eventualmente a vivere in altre parti dell’Unione e immaginate che sia impensabile ripristinare passaporti, sbarramenti e confini nell’ambito del territorio dell’Unione europea. Questo è un grande risultato. Si era partiti, appunto, come hai ricordato, con il desiderio di una comunità economica, così com’è stata per qualche tempo. Ma questo risultato è di gran lunga più importante da quando l’Unione ha assunto una dimensione politica, con il Parlamento europeo al centro, per esprimere la sua democrazia interna, che va peraltro sviluppata molto di più. E questa vostra generazione è il risultato di uno sforzo straordinariamente profetico deciso allora, sapendo che era il modo per accantonare contrasti, contrapposizioni, concorrenze, guerre che per tanto tempo avevano insanguinato il nostro continente, e non avremmo mai immaginato di vederne una in questo periodo, dentro il cuore dell’Europa.
Ma questo risultato è il frutto della lungimiranza di quei sei Paesi fondatori, nel ’57, a cui se ne sono aggiunti altri. Adesso siamo numerosi. Ne aspettiamo altri. Vi sono altri Paesi che sono in attesa di entrare, e che è bene che entrino, nel corso del tempo, nell’Unione europea. Questo è un dato importante.
Hai detto che quanto è avvenuto ha messo a dura prova l’Unione. Io direi che l’ha messa sotto pressione, e la risposta è stata però consapevole, responsabile e positiva. Perché l’Europa ha espresso solidarietà attiva nei confronti dell’Ucraina, così come l’aveva espressa prima, di fronte alla drammatica crisi della pandemia, dimostrando ancora un volta due cose: la prima, che l’Unione ha bisogno di una forte solidarietà interna, di mettere in comune risorse e prospettive per superare le difficoltà; l’altra, – e aveva ragione un grande europeista francese, Jean Monnet, che tanto tempo fa ebbe a dire ‘l’Europa crescerà nell’integrazione attraverso le crisi’ – che le crisi pongono interrogativi, chiamano a decisioni, e nelle crisi si ha la responsabilità di abbandonare le posizioni di inerzia, di pigrizia – che sovente prendono anche gli Stati e che qualche volta sono state presenti nella vita dell’Unione europea – e spingono ad assumere decisioni coraggiose. Altrimenti non si superano le difficoltà.
Ecco, questo è quel che è avvenuto. La risposta che abbiamo dato a queste due crisi – della pandemia e adesso della guerra – è una risposta di grande solidarietà, una risposta importante che pone le premesse per un’integrazione crescente nell’Unione europea, per una solidarietà sempre più condivisa e per una prospettiva in cui l’Unione europea possa, ancor più di prima, essere nel mondo portatrice di pace, di civiltà, di convivenza serena e di rapporti collaborativi. Questo ormai non è sulle spalle della mia generazione, che è in uscita, ma sulle spalle della vostra generazione.
Auguri per questo.
Domanda: Noi giovani siamo molto preoccupati per il futuro del nostro Pianeta. La lotta al cambiamento climatico e all’inquinamento è tra le priorità da affrontare per i giovani. Come deve agire l’Italia nel perseguire la transizione verde e digitale come obiettivo essenziale per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza? Gli effetti economici della guerra non rappresentano un ostacolo al perseguimento di questi obiettivi?
Presidente: questa è una bella domanda perché la sensibilità della vostra generazione fortunatamente è molto alta su questi due temi. Sul primo, quello della transizione ecologica, mesi fa ho partecipato, a Milano, all’assemblea dei giovani nel mondo, in preparazione della Cop26 a Londra di qualche giorno dopo. Lì vi è stata una forte – dire sollecitazione è riduttivo – una forte spinta nei confronti dei governi di tutto il mondo perché si proceda velocemente, per evitare che le generazioni oggi adulte lascino a quelle successive, ai giovani, e a quelle che verranno dopo, un mondo impoverito o addirittura meno vivibile di quanto non sia stato da tempo immemore. Le due transizioni sono fondamentali, l’una e l’altra. Noi siamo impegnati in questo; l’Unione europea le ha messe al centro della sua azione.
Non c’è dubbio che questa sciagurata guerra di aggressione della Federazione russa contro l’Ucraina abbia distratto il mondo da questo primario obiettivo che si era definito nel corso di tanti incontri internazionali. Non soltanto per le devastazioni che sta producendo, che impoveriscono questa grande regione d’Europa, ma anche perché hanno provocato una crisi energetica, un rincaro molto alto dei prezzi dell’energia che sta spingendo a far tornare in uso alcune forme di approvvigionamento energetico che si volevano abbandonare. Il carbone anzitutto. Tutto questo richiede allora uno sforzo in più da fare, per evitare che la guerra faccia tornare indietro anche su questo fronte. L’Italia è molto impegnata in questo. Bisogna che noi però intensifichiamo molto lo sviluppo delle fonti alternative di energia. Ieri sono stato in un Paese europeo, il Portogallo, che ha oltre quasi il 60% ormai di energia su fonti alternative e rinnovabili. Dobbiamo fare molto di più. E il programma che si è fatto, anche nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è in questa direzione. L’importante è adesso attuarlo in maniera veloce e concreta.
Sul digitale vi sono degli impegni e degli interrogativi particolarmente alti. Il digitale è – come dire – la passione di questa stagione. Ha catturato tutti noi, persino una persona anziana come me. Bisogna avere però alcune avvertenze, perché ci troviamo di fronte, sempre di più, a strumenti talmente avanzati che bisogna garantire sempre che vi sia la persona al centro degli strumenti. Le forme di intelligenza artificiale sono affascinanti e sono da coltivare, ma naturalmente sempre tenendo conto che poi non possono essere gli algoritmi a decidere le scelte, gli orientamenti, i valori della convivenza, ma al centro deve esserci sempre la persona e la comunità di persone. Non deve esserci un capovolgimento di gerarchie tra gli strumenti e la persona umana. Questo occorre garantirlo sempre. In questo, c’è un certo ritardo degli Stati singoli e della comunità internazionale; c’è un vero vuoto normativo. Bisogna fare in modo di colmare questo vuoto normativo per mettere delle regole che incoraggino lo sviluppo della scienza, della tecnologia e delle applicazioni, ma garantendo sempre che al centro vi sia la persona umana. Questo è un criterio indispensabile, e bisogna che ci sia, anche su questo versante, una pressione giovanile perché venga garantita sempre questa centralità.
Questo mi pare un impegno altrettanto fondamentale come quello ecologico che chiama la mia generazione e quella successiva a garantire a voi un mondo vivibile.
Domanda: Abbiamo visto l’Italia in prima linea nell’accoglienza dei rifugiati dall’Ucraina. Molte azioni anche coordinate grazie al meccanismo di protezione civile europea. Ci ha ricordato di recente che come italiani ed europei siamo chiamati alla solidarietà. Come pensa che stiamo rispondendo alla dimensione umanitaria di questa crisi?
Presidente: fino ad ora in Italia la dimensione dei profughi dall’Ucraina è altissima. Nei Paesi vicini, in Polonia, in Moldova, in Romania, nella Repubblica Ceca, anche in Ungheria vi è un numero altissimo di rifugiati. Da noi ne sono arrivati circa centodiecimila fin qui, forse anche un po’ di più, perché da noi – come sapete – vive una comunità ucraina di duecentocinquantamila persone, e quindi molti sono arrivati, senza neanche comunicarlo, da parenti o amici che vivono qui in Italia abitualmente. È un fenomeno che veramente coinvolge molto emotivamente. Di questi centodiecimila, il 90% è composto da donne e minori, e tutti vengono con la speranza e il progetto di rientrare presto in Ucraina. Sapete che di questi centodiecimila soltanto poco più di settemila hanno chiesto di utilizzare gli alloggi che l’Italia ha predisposto per i profughi, perché la gran parte – quasi tutti – sono ospiti di familiari, di parenti, di amici o di famiglie italiane presso cui stanno loro connazionali, per periodi temporanei, per breve tempo. Sperano di rientrare molto presto nel loro Paese, cosa che tutti ci auguriamo naturalmente, perché sono disancorati dalla loro realtà.
L’accoglienza dell’Italia è stata al massimo dello sforzo possibile, in linea con quella che ha organizzato l’Unione europea che ha attivato meccanismi di solidarietà e di accoglienza mai attivati in passato. In Italia vi sono stati, sotto ogni profilo, anche quello scolastico, degli impegni molto efficaci, molto attivi, con ragazzi accolti nelle scuole, alcuni in collegamento informatico con scuole ucraine, quando è stato possibile.
Naturalmente questo non è sufficiente. Non sappiamo quanto durerà questa accoglienza doverosa, quindi occorre preparare anche altri mezzi, altri strumenti di accoglienza e di inserimento. In questo l’Italia sta contribuendo molto fortemente ai meccanismi europei dell’Unione e anche a quelli delle Agenzie delle Nazioni Unite. Ed è un impegno molto grande che si sta sviluppando. Il succo di tutto questo è che vi è stata un’ammirevole solidarietà che si è espressa.
Nella prima domenica dopo l’invasione dell’Ucraina, sono andato nella Chiesa degli ucraini a Roma, e lì ho visto che c’era un incessante, continuo, senza interruzione, flusso di persone – di italiani oltre che di ucraini residenti a Roma – che portavano materiali, abbigliamento, viveri, strumenti per lo studio e qualunque altra cosa per mandarli in Ucraina per l’assistenza. Vi è stata una manifestazione di solidarietà straordinariamente importante.
È stato però ancora più importante organizzare questo su base europea con meccanismi ben costruiti, che si stanno sviluppando anche – e lo sta facendo anche l’Italia in questo ambito – nei confronti dei Paesi che hanno un numero maggiore di rifugiati, quelli che prima ho indicato. La Polonia ha oltre tre milioni di rifugiati dell’Ucraina. Sono numeri importanti, naturalmente. Non si possono lasciare questi Paesi di confine soli rispetto a questo grande sforzo di solidarietà che stanno esprimendo. Tutto questo è – ripeto – nel segno della solidarietà. Quindi con l’Ucraina noi siamo solidali nelle loro ragioni di libertà, indipendenza e di integrità territoriale. Li stiamo attivamente sostenendo nella resistenza, ma questo versante umanitario dell’accoglienza per i profughi si sta sviluppando con grande impegno, sperando che questo possa alleviare le loro grandi sofferenze. Perché nel volto di questi bambini e ragazzi che arrivano si vede la sofferenza di chi è scardinato dal proprio ambiente, dalla vita normale, dalla vita fin qui seguita. La solidarietà è molto importante, e si sta manifestando. E questo è un risultato che conforta.
Domanda: Parlando di relazioni internazionali e del ruolo dell’Italia in Europa, l’Africa è un continente vicino e pieno di potenzialità ma che al contempo ha bisogno di un particolare sostegno. Come vede il rapporto tra l’Europa e l’Africa?
Presidente: questa è una domanda molto importante perché è un rapporto fondamentale, sempre più fondamentale. L’Africa è al centro di molte strategie globali, in tutto il mondo. Si diceva, un tempo: ‘l’Africa è il Continente di domani’. Quel domani è arrivato. Il momento dell’Africa è oggi, non soltanto per la quantità di ricchezze potenziali di cui dispongono quei Paesi: materie prime in quantità straordinarie che, se utilizzate adeguatamente, da loro, ne avrebbero una grande sollecitazione per lo sviluppo, così come sta avvenendo in molti Paesi. Ma è oggi anche per il dinamismo dell’attività che c’è in molti Paesi africani e anche per il tasso demografico molto alto.
Vedete, il tasso demografico dell’Africa e quello dell’Europa sono incomparabili. L’Africa è il Continente che oggi esprime le maggiori potenzialità e prospettive di crescita. Per l’Europa è un partner indispensabile. La mia opinione personale è che il futuro per Africa ed Europa sia un futuro comune. In tutto questo, naturalmente, è richiesto un forte impegno di collaborazione che l’Italia sta svolgendo per la sua parte, ma che sta volgendo anche l’Unione europea. E con l’Italia molti altri Paesi dell’Unione, anche bilateralmente, al di fuori della politica dell’Unione che è già impegnata in questa direzione.
Per aiutare la crescita veloce dei Paesi di quel Continente sul piano dell’istruzione, della salute, dell’agricoltura, della crescita industriale, vi sono molte collaborazioni avviate e concretamente in corso. Questo ha anche una ragione doverosa da parte dell’Europa che, per molto tempo, ha utilizzato le grandi risorse africane a beneficio proprio. E quindi l’Europa ha un debito nei confronti del Continente africano.
Ma è anche un reciproco interesse, un reciproco bisogno, quello di collaborare crescendo in questa collaborazione per un progettare insieme le forme di sviluppo del futuro. In questo, il nostro Paese è molto impegnato. Ogni anno vi è un Conferenza Italia-Africa che viene sviluppata con partecipazione molto alta, e sono rapporti molto consistenti e costanti.
E questo consente anche una risposta alla domanda che c’è molto forte da parte del Continente africano, che è collegata ai flussi migratori che come sapete sono molto alti. Ne faceva poc’anzi cenno, in maniera puntualissima, la Presidente Metsola. La risposta che hanno dato alcuni ‘vogliono venire perché qui c’è il futuro, perché in Europa vi sono possibilità’ è sulla bocca di tutti quelli che arrivano dal Continente africano. Questo ogni tanto preoccupa qualcuno; in realtà dovrebbe farci riflettere sul fatto che quell’Europa nel mondo rappresenta un’oasi di libertà, di democrazia, di benessere. Intorno all’Europa non è così, non lo è perlomeno in questa misura. Questo attrae naturalmente. Attrae soprattutto giovani che cercano futuro.
L’obiettivo della collaborazione, sotto questo profilo, concordemente con i Paesi africani, è di far crescere lì le possibilità di sviluppo per non impoverire di risorse umane importanti i Paesi di provenienza.
Ma questa collaborazione, sul piano dei flussi migratori, è indispensabile sotto ogni profilo, e ci fa riflettere guardando come sarà il futuro fra alcuni decenni, con una popolazione africana molto numerosa e una popolazione europea che è ferma o addirittura in declino da qualche parte, anche in Italia. Questo fa crescere ulteriormente l’esigenza di collaborazione, che si sta sviluppando – ripeto – in maniera molto concreta, molto fattiva, ma che ha bisogno di ulteriori spinte.
La consapevolezza, in Europa, che occorre collaborare molto, e molto di più di quanto avvenga già oggi in maniera significativa, con i Paesi africani è un elemento essenziale per il futuro d’Europa. Di questo, il Paese della Presidente Metsola e il nostro sono consapevoli perché noi, essendo nel Mediterraneo, abbiamo rapporti tradizionali, di lunga data, con la Africa. Ma questo riguarda l’intera Europa, non soltanto per i flussi migratori che riguardano persino la Scandinavia, ma per il futuro di collaborazione che chiama tutta Europa a collaborare con l’Africa. Questo è quello che davvero rende importante questo argomento.
Il tema del futuro è sempre più globale. Guai a pensarlo nell’orto di casa propria, perché lì non c’è il futuro, c’è un inganno, c’è una falsa prospettiva. In questo mondo sempre più interconnesso, in cui virtualmente non vi sono più distanze, in cui si comunica in tempo reale con persone in ogni parte del mondo, in questo mondo che è più piccolo e più raccolto, il futuro è sempre più globale. Naturalmente per l’Europa lo è, soprattutto con l’Africa. Per questo motivo questo rapporto è fondamentale.
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Credo che abbiamo finito, ragazzi. Perché il tempo è trascorso ed è amministrato come a scuola, in maniera regolare.
Vorrei ringraziarvi molto per questo colloquio, anche a nome della Presidente Metsola. Siamo lietissimi entrambi di avervi incontrato, di aver ascoltato le vostre sollecitazioni, tutte importanti. Vorrei però, a nome vostro e mio, ringraziare la Presidente Metsola per la sua presenza e farle i complimenti per la padronanza della lingua italiana. È vero che siamo vicini – Malta e Italia – ma questa è una prova di amicizia nei confronti del nostro Paese. E le siamo veramente grati.